“Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né
per terra: per esempio, la guerra.”

Gianni Rodari

È la mattina dello scorso 24 febbraio quando l’Ucraina si sveglia con il frastuono delle bombe e delle sirene d’allarme. Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato un’operazione militare su vasta scala nelle città principali del Paese. È la guerra.L’informazione al giorno d’oggi viaggia veloce, nonostante i tentativi di censura, e le dirette sui principali social, le foto, i video testimoniano quello che di terribile sta accadendo a pochi passi dall’Italia. Tantissime le persone che hanno trovato rifugio  durante la notte nelle stazioni metro, tra le banchine e le scale. Altrettante quelle che sono fuggite dal loro Paese in cerca di un posto sicuro. È stato istituito il coprifuoco alle 17 per la tutela dei cittadini: chiunque lo vìoli è trattato da nemico.  Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, all’offerta degli Stati Uniti di evacuare lui e la sua famiglia da Kiev, ha risposto: “Mi servono armi per combattere, non un passaggio”. Di rilievo le posizioni delle associazioni sportive UEFA e FIFA che escludono la Russia dai Mondiali 2022, dell’Eurovision a cui la Russia non prenderà parte. Infine, fondamentali e le manifestazioni in tutto il mondo che sostengono il popolo Ucraino… sopratutto quelle interne alla Russia. I civili si dissociano dall’abominio attuato da Putin, e questo costa loro la libertà: i fermi che si sono susseguiti sono stati più di 1800. L’accoglienza dei profughi è in stato di organizzazione in tutta Europa.

Ma per avere un quadro più chiaro bisogna fare un salto temporale al 2014.

Tra Russia e Ucraina inizia una crisi che si porterà avanti fino ad oggi. Lo scontro diplomatico si basa su tre punti fondamentali: la Crimea, il Donbass e la possibilità di adesione all’Ucraina della NATO. 

La Crimea è la più grande penisola sul mar Nero, collegata alla terraferma dall’istmo di Prekop. Appartiene per legge all’Ucraina, ma proprio nel 2014 la Russia manda le sue truppe nella penisola che viene annessa alla Federazione Russa a seguito del referendum (95,5% dei votanti risulta favorevole all’unione con la Russia) – definito illegale per lo svolgimento e per i risultati da ONU, UE, USA, OSCE e Consiglio d’Europa – del 16 marzo.

Il Donbass è il bacino del fiume Donec di Ucraina e Russia. Si tratta di una storica regione, dal punto di vista economico e culturale che, sempre nel 2014, si è dichiarata indipendente dall’Ucraina. Nell’agosto di quell’anno, veicoli militari russi superano il confine. Da otto anni è in corso una guerra tra il governo ucraino e le forze separatiste filo-russe.

La NATO (North Atlantic Treaty Organization) è l’organizzazione internazionale per la collaborazione nel settore della difesa. Venne istituita nel 1949 a seguito della firma del Patto Atlantico. Il concetto fondamentale della NATO è la difesa collettiva tra – attualmente – trenta Paesi. Le relazioni dell’Ucraina con l’organizzazione sono state ostacolate dalla Russia, che ha mandato al confine le proprie truppe.

Nel 2015 Putin ammette di avere ufficiali dell’intelligence russa al lavoro in Ucraina: insiste però che non si tratti di truppe regolari. Nel 2019, una porzione di territorio ucraino si trova sotto occupazione militare russa.

A partire dalla primavera del 2021 è iniziata una nuova fase di crisi diplomatica tra la Federazione Russa e lUcraina, il cui culmine è raggiunto nelle prime ore del 24 febbraio. 

Lo scoppio della guerra ha dato un nuovo assetto al nostro modo di vedere la vita.  Per molto tempo si è dato per scontato lo stato di relativa pace vigente. Inoltre dopo due anni di pandemia da Covid-19, s’iniziava a vedere la luce in fondo al tunnel con la fine dello stato di emergenza. Ad oggi, le priorità si sono ribaltate.

Una guerra è pari ad una catastrofe naturale. La differenza è che la prima è scatenata dall’uomo, la cui malvagità arriva ancora a spingersi oltre i confini dello scibile. E anche oggi, con tutti gli strumenti atti a conoscere, apprendere, capire, erudirsi… non si è potuto fare a meno di arrivare ad estreme conseguenze. Allo sconvolgimento di una nazione, di un continente. Probabilmente dell’intero mondo. Ma sopratutto alla perdita di vite. Tutto questo non può avere un senso. Semplicemente, il genere umano non imparerà mai. Condannato a ripetere all’infinito gli stessi, stupidi errori, per smania di conquista e brama di potere.

La speranza, oltre ad un’ottimistica visione della fine rapida della guerra, è che le libertà concesse inizino ad essere apprezzate. Ricordare il nostro “coprifuoco”, in vigore fino a poco meno di un anno fa, appare ridicolo di fronte ad un vero coprifuoco: come detto in apertura, chi oggi in Ucraina non lo rispetta viene trattato da nemico. L’Italia è un Paese con moltissimi problemi, ma se ce n’è uno che non ha è la dittatura, caduta oltre settant’anni fa. In momenti come questi, abbracciamo la nostra democrazia, la nostra legittima ma non scontata libertà di vivere. E accogliamo i profughi, nostre sorelle e nostri fratelli, a prescindere da ogni sovrastruttura e luogo comune. Questa volta e tutte le altre. 

Se ci fossi tu, a scappare per un motivo o per un altro, non vorresti delle braccia aperte ad aspettarti?

Giulia Anzani Ciliberti