“L’Italia è una Repubblica fondata sul pallone. Ci sono tremila scuole di calcio in tutto il paese, un numero impressionante se paragonato alle ottomila scuole medie e sedicimila elementari. Un esercito di mini calciatori con aspirazioni da grandi, trecentomila soldatini con la maglia sempre un pò troppo larga, che secondo la regola sono destinati a fare altro. Solo uno su cinquemila arriva in serie A. Non bisogna bruciare i sogni, ma neppure alimentare false illusioni. Bisogna insegnare loro che nella vita c’è altro”. Inizia così, con queste parole, il film “La partita“, esordio alla regia di Francesco Carnesecchi. Dopo una timida distribuzione nelle sale italiane a febbraio, sospesa causa Covid-19, da settembre è disponibile fra le prime novità sulla piattaforma digitale Netflix. Un film molto attuale che cela i drammi della nostra società. Una finale di coppa, categoria under 16, che rivela e mette a nudo un calcio malato. In palio, purtroppo, non c’é un semplice trofeo. C’è molto di più. La partita di calcio giovanile, appunto, che sembrerebbe essere la protagonista del film, é in realtà il perno intorno al quale si alternano una serie di situazioni. La periferia romana come sfondo, storie che si intrecciano perfettamente fra loro intorno al rettangolo verde (più marrone in questo caso). Una storia sporca, con il calcio come pretesto. Un calcio primordiale, da strada, quello sulla terra e senza il nome dietro la maglietta. Francesco Pannofino, mister Claudio, si cala in modo eccezionale nel ruolo dell’allenatore sentimentale cresciuto a pane e calcio. Un mister che insegna al di là della panchina, un maestro di vita.

Mister Claudio Bulla (Francesco Pannofino)

Tanti i temi toccati dal regista: il rapporto padre-figlio, il calcio scommesse, la droga e le liti familiari. Molti sono i film legati allo sport e al calcio come metafore di vita o come elemento di riscatto sociale o di ascesa alla gloria. Ne “La partita” invece, niente di tutto ciò. È uno spaccato reale di una società evidentemente in crisi, drammaticamente persa o addirittura dispersa alla ricerca di un qualcosa, che potrebbe essere l’agognato trofeo, sognato e ambito da una vita intera. È davvero questo ciò che conta? Nel cast, oltre al citato Pannofino, anche “il presidente” Alberto di Stasio (Italo), Giorgio Colangeli (Umberto), e Gabriele Fiore, giovane attore che interpreta Antonio, il capitano della squadra. Un film senza dubbio avvincente. Un film da vedere per scoprire, se alla fine sarà sconfitta o vittoria. Sconfitta. Vittoria. Due semplici parole che denotano, ahimé, un modus vivendi e che hanno una connotazione non semplicemente sportiva ma anche e soprattutto sociale.

Una scena del film